La fase 1 dell’era Coronavirus (per utilizzare un neologismo governativo di dubbio gusto) si sta concludendo e gli italiani attendono la cosiddetta fase 2 (sostegno economico e convivenza con il virus) e la successiva fase 3 (ricostruzione e ritorno alla normalità).
In queste ultime ore il tam tam comunicativo sta creando molte aspettative per un robusto sostegno economico a favore di famiglie ed imprese, in risposta alle crescenti preoccupazioni per i danni subiti dallo stop imprevisto delle attività produttive.
La speranza è che la prossima manovra abbia dei margini di sensibile miglioramento rispetto alla prima versione del Decreto “CURA ITALIA” (quadro sintetico in allegato) che ha stanziato 25 miliardi, di cui la metà ad un sostegno con il contributo diretto agli autonomi (600 euro forfettarie) e agli ammortizzatori sociali, per i dipendenti delle aziende che hanno sospeso le attività, e l’altra metà circa per gli oneri finanziari necessari a sbloccare linee di prestito con garanzie pubbliche a tasso zero, che provocano un effetto leva di circa 350 miliardi di immissione di liquidità nel mercato.
Il decreto del 17 marzo, sta avendo applicazioni concrete solo in questi ultimi giorni per il tempo tecnico dei provvedimenti attuativi che devono perimetrale interventi e soprattutto diffondere le istruzioni operative per le domande di sussidio che hanno ovviamente una numerosità senza precedenti.
L’auspicio è la capacità del nostro paese di adottare interventi urgenti ed efficaci con il coraggio di dare precedenza alla sostanza rispetto ai vincoli della burocrazia. L’immobilismo potrebbe causare danni ancora maggiori, ma gli italiani hanno dimostrato straordinarie capacità di reazione proprio nei momenti di maggiore difficoltà.
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