Il coronavirus sta cambiando non sono le abitudini dei consumatori e i comportamenti sociali, ma anche le scelte aziendali con l’incremento dello Smart working e delle videoconferenze, limitando a zero tutti le possibili trasferte in ambito nazionale ed internazionale. Gli effetti economici disastrosi per la nostra economia si leggeranno presto con la diffusione dei dati del PIL del primo e secondo trimestre 2020 dove la crisi sarà evidente in tutti i settori a cominciare dal turismo, dai trasporti, dai servizi in generale e dalla produzione industriale, ormai paralizzata per l’impossibilità degli scambi commerciali con la Cina.
Il mondo è più globale di quello che appare e le tesi complottiste sulla guerra economica-batteriologica tra USA e CINA (avanzate anche da qualificati opinionisti) fa sorridere per la semplicistica visione di un mondo assai complesso, non esistendo più un meccanismo autarchico per buona pace dei sovranisti ai quali occorre spiegare alcuni elementari principi macroeconomici. Non dimentichiamoci che la Cina possiede non solo la quota di maggioranza relativa del debito pubblico americano, ma detta anche le condizioni di fornitura alle multinazionali tecnologiche (prezzi, tempi, modalità) avendo acquisito un monopolio di fatto nei rapporti contrattuali.
Il coronavirus pur non avendo effetti sanitari disastrosi sull’uomo, stando alle analisi dei virologi e alle statistiche (che non attribuiscono numeri più letali di qualunque altra influenza) occorrerebbe indagare sulla fragilità di un sistema di comunicazione psicotico che sta provocando uno smisurato allarmismo sociale.
La fragilità più evidente del nostro sistema è stata la gestione dell’emergenza sanitaria con procedure regionali spesso difformi dalle stesse indicazioni governative, con il risultato di creare ulteriore incertezza nelle misure preventive, spesso non dettate da una pianificazione ragionata e condivisa e a questo punto sarebbe stato auspicabile un maggior coordinamento, oltre che dalle regioni, dal commissario europeo alla salute. Vero che il virus non ha confini, ma rimane il dubbio su come sia possibile che ci siano più contagiati nel comune di Vo’ Euganeo (con oltre 70 casi in un paesino di 3.300 abitanti) rispetto ai nemmeno 20 casi di tutta la Gran Bretagna (con 66 milioni di persone) che è il paese europeo con voli e contatti più frequenti con Taiwan e il mondo asiatico in generale.
Un giorno la politica italiana risponderà alle nostre domande che al momento non trovano una plausibile spiegazione, se non dal punto di vista statistico dell’enorme rilevazione dei tamponi, oltre 10 volte superiore a rispetto quelli effettuati da altri paesi europei.
Solo eccessiva prudenza a qualunque costo?
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