La recente scomparsa di Umberto Eco ha fatto emergere tra i fatti di cronaca (meglio dire gossip in questo caso) la vendita, da parte degli eredi, del suo immenso patrimonio librario composto da oltre 30.000 volumi di letteratura moderna, 1.200 volumi di valore storico e migliaia di altre opere letterarie.
Spontaneamente viene da chiedersi se le nuove generazioni (pur se di diretta discendenza di grandi scrittori e filosofi) percepiscano lo stesso valore attribuito alla cultura nelle epoche passate.
Probabilmente è sempre molto alta l’importanza che viene data alla “fame del sapere”, ma la percezione della realtà, anche alla luce di questi fatti, è diversa, probabilmente perché siamo aggrappati a degli stereotipi (libro = cultura) che ci fanno venire in mente le piccole esperienze che viviamo tutti i giorni; qualche anno fa in treno o in bus si notavano persone intente alla lettura di un libro o di un giornale, mentre oggi si notano persone scorrere freneticamente tablet e smartphone, nella speranza che siano intenti alla lettura di un IBook e non solo di qualche “fake virale” proveniente dai soliti social, moderni circuiti di esibizionismo ad ogni costo.
Il bando per la valorizzazione del patrimonio artistico (vedi approfondimento) ha l’obiettivo di rendere più appetibile la diffusione culturale, che possiamo considerare come la scommessa da giocare con l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e multimediali, tali da rendere immediatamente fruibile ai più giovani il contenuto di una moltitudine libri, oggi considerato un problema di gestione logistica di grandi (spesso polverosi) spazi, ma che per i più tradizionalisti avrà sempre impresso l’odore romantico della carta stampata e il sapore della cultura da sfogliare tra le dita.
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