Negli ultimi anni le altalenanti politiche per lo sviluppo del lavoro hanno dato risultati indubbiamente modesti, probabilmente perché le giuste ma eccessive attenzioni agli ammortizzatori sociali hanno spostato l’equilibrio verso una scelta assistenzialistica per i non occupati, risultato di un propagandismo elettorale che ha generato un consenso solo di breve termine.
Le politiche degli ultimi governi (di qualunque matrice partitica) hanno elargito benefici a pioggia a chiunque (bonus degli 80 euro in busta paga, bonus di 500 euro ai diciottenni, reddito di cittadinanza, quota 100 ai pensionati), con l’effetto immediato di depauperamento dei conti pubblici senza avere i benefici sperati della ripresa economica.
Le elargizioni dirette verso un pubblico sempre più ampio di beneficiati porta al successo elettorale ma non certamente alla soluzione adatta dei problemi strutturali del nostro paese.
La prima leva per far ripartire l’economia è quella di creare un benessere diffuso attraverso le occasioni di lavoro sul mercato che saranno rese possibili solo con apposite misure di incentivazione da destinare alle aziende che potenziano l’organico.
Parlare di riduzione del “cuneo fiscale” è solo per gli addetti ai lavori, ma incentivare le assunzioni a tempo indeterminato, come ha fatto in maniera intelligente la Regione Marche (vedi approfondimento), provoca la riaccensione immediata del motore produttivo e la fiducia che possiamo dare al mercato dei capitali, oggi del tutto immobile, per i nuovi investimenti da destinare “all’azienda Italia” (seconda potenza industriale in Europa).
Con la sua consueta semplice saggezza, Adriano Olivetti già da allora faceva una chiara fotografia della situazione dicendo: “il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, che non giovi a un nobile scopo”.
Your Comment
Leave a Reply Now